REVES DE LUMIERE (Venezia 1997). I sogni sono anche incubi, delirii, fallimenti di un'età postuma e globale. Ma le mani di Kemp sempre tengono l'energia, i piedi tengono la terra, 'sciando' come nel teatro Noh, la testa ovale irradia consapevolezza. Il prana emanato conferisce la magia del movimento che sempre fluisce senz'angoli e in ogni direzione. Kemp è il dolce eroe della non-parola (mai), dell'arcaico “sorriso degli dei“ (Genet). Qui il suo canto inudibile è un inno nello strazio del cigno che affonda (Nuria Moreno), il volo d'Icaro (Nijinskij che vuol essere dio), o l'Angelo dalle immense ali che brucia (come le rovine contemplate dall'Angelo di Benjamin) e lentamente si riconsegna alla terra. Una drammaturgia fastosa attorno (bravissimi attori), per uno sviluppo complesso, che giunge fino al cruento omicidio sacrificale. Meglio però che nelle folgorazioni “acefaliche“ di Bataille, qui la felice rotondità, da embri
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