Milano, 26 nov. (askanews) - Ha lasciato il segno nella storia dell'architettura con edifici come il Centre Pompidou di Parigi o lo Shard di Londra ed è uno dei progettisti più noti e influenti al mondo, pioniere di una visione che la Royal Academy britannica, in occasione di una retrospettiva sul suo lavoro, ha definito di “architettura della dignità“. Incontrare oggi Renzo Piano, 85enne e ancora entusiasta per un laboratorio che terrà con gli studenti del Politecnico di Milano, è anche un modo per provare a chiedergli come guarda alla sua lunga carriera. “Uno a una certa età - ha detto ad askanews - scopre che ha già fatto tante e tante cose, ma quella proprio giusta e perfetta non l'ha ancora fatta, ed è questo che ti tiene in vita“. Piano ha occhi gentili, lontanissimi da una certa narrazione sugli archistar, usa spesso la parola “onestà“, ci dice che i luoghi hanno già in sé il proprio destino. La Lecture che ha tenuto al Politecnico l'ha intitolata “Ma perché?“, ricordando la domanda che su padre gli fece quando gli disse di voler studiare architettura. Le risposte possibili sono tante, noi forse potremmo dire che si trovano in alcuni suoi edifici o, ancora di più, nell'idea di architettura permeabile e civile che li ha ispirati, nella storia che li ha accompagnati. E ora Piano ha messo a disposizione del Politecnico anche i suoi archivi. “Gli archivi - ha aggiunto l'architetto - sono una specie di miniera, nella quale scavare, non personalmente per ricordarsi, questo non importa, quello che è stato è stato, vai avanti. Quello che tiene in vita non è quello che hai fatto, ma quello che ancora devi fare. Ci si scava perché con i ragazzi è bene fare così. Io non ho mai insegnato, però posso raccontare delle storie vere, delle autentiche storie, vissute. Perché la realtà resta la più grande sorgente di ispirazione che si possa avere nella vita“. Ma perché, per restare in tema, mettersi davanti alle prove del proprio lavoro? “Consente di discutere della propria storia personale - ci ha risposto - di tutte le avventure avute, di tutti gli edifici costruiti, parlarne con i giovani. Forse confessare anche qualche sbaglio, qualche errore, qualche manchevolezza. Questo aiuta a rompere il muro di soggezione che esiste normalmente nei confronti di persone di una certa età“. Non ci sono piedistalli in questa storia, c'è solo un uomo che continua ad amare la sua professione e che continua a ispirare: bastava guardare i volti di chi lo ascoltava nell'Aula magna del Politecnico: studenti certo, ma anche molti architetti, professori, professionisti. Tutti con una certa luce negli occhi. E forse il perché di tutto questo sta nella frase con cui Renzo Piano ci ha salutato: “Sono felice oggi“. (Leonardo Merlini)
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