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La passione di Anna Magnani (2019)

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Documentario Regia di Enrico Cerasuolo Italia, Francia, 2019 A partire dalla celeberrima scena della morte di Pina in Roma città aperta, un ritratto sentito e commosso di Anna Magnani. Comica, tragica, vulcanica, fragile, non bella ma dal fascino magnetico, la Magnani s’impose come un modello di donna e attrice indipendente e seppe diventare un’icona. Dalla scuola di recitazione alla fine degli anni ’20 alla rivista nei teatri di Roma sotto il fascismo, dalle prime commedie al cinema all’incontro con Rossellini e Visconti, fino all’Oscar per La rosa tatuata e il ritorno al teatro degli ultimi anni, un viaggio sentito e commosso nell’animo di una figura unica del cinema italiano. Un film in forma di lettera: «Cara Anna...» recita la voce di Enrico Cerasuolo in apertura del suo film, che attraversa la vita e la carriera della grande attrice utilizzando filmati d’archivio dell’Istituto Luce e della Rai, sequenze dai suoi film e materiali d’archivio. «Una belva», la definì in un’intervista Anthony Quinn, che al fianco di Anna Magnani aveva recitato in Selvaggio è il vento: non c’è appellativo migliore per definire la più ingombrante, indefinibile, forse tragica attrice del nostro cinema. Un simbolo di Roma e del neorealismo, della rinascita di un intero paese dopo la guerra e prima ancora, nelle riviste a teatro e nelle commedie del marito Alessandrini e di De Sica, dell’animo di una città e del suo cuore ironico e beffardo. Cerasuolo segue cronologicamente la carriera della Magnani, la ascolta mentre risponde con tono beffardo e eppure dolcissimo alle domande dei giornalisti, si fa aiutare dalle parole dell’amatissimo figlio Luca (ancora vivo e disponibile nel dare mano libera all’uso degli archivi), dalla dichiarazioni di chi nel lavoro e nella vita l’hanno amata, guidata, ammirata: Rossellini, che la lasciò per la Bergman togliendole il ruolo da protagonista in Stromboli, terra di Dio; Visconti, che a malincuore rinunciò a lei per Ossessione ma si rifece con Bellissima; Renoir, che si dichiarava sbalordito dalla potenza della sua presenza in scena; Tennessee Williams, che per lei scrisse La rosa tatuata; persino Eduardo, che in un filmato di repertorio la elogiò al termine di una rappresentazione teatrale della “Medea“ di Jean Anouilh.

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